La situazione di emergenza creata dalla diffusione del c.d. “Coronavirus” sta producendo importanti effetti non soltanto sulla routine quotidiana del singolo (che deve adeguarsi alle rigide disposizioni di cui al DPCM 8.3.2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19” e il DPCM 9.3.2020 “Ulteriori disposizioni attuative del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”) ma financo sulle aziende e sulle prescrizioni cui devono attenersi.
E ciò in particolare a seguito dell’emanazione del DPCM del 11.3.2020 “ulteriore stretta con la chiusura di molte attività al dettaglio”.
Tale ultimo Decreto, infatti ha disposto la chiusura delle attività commerciali al dettaglio, di ristorazione, di quelle inerenti i servizi alla persona ad eccezione di quelle individuate nell’art. 1 n. 1), 2) quali a mero titolo esemplificativo le attività di vendita di generi di prima necessità, farmacie e parafarmacie, edicole, tabaccherie.
Di conseguenza grava sul datore di lavoro l’obbligo, in questo particolare momento, di adottare tutte le misure necessarie onde rendere salubre e sicuro l’ambiente di lavoro evitando il diffondersi del contagio.
Invero, ai sensi dell’art. 2087 c.c. “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Per ambiente di lavoro deve farsi riferimento ad una nozione “dinamica”, che non coincide solamente con il luogo dove deve eseguirsi la prestazione, bensì, in senso lato, con tutto ciò che circonda il lavoratore e che, pur essendo strutturato e definito in funzione dell’utilità che si intende trarre dall’adempimento dell’obbligazione lavorativa, deve comunque essere concepito in maniera tale da rispettare l’integrità psico-fisica del lavoratore, anche a prezzo di condizionare la libertà di organizzazione d’impresa.
Tale finalità deve essere raggiunta anche attraverso l’adozione di tutte le misure e gli accorgimenti necessari allo scopo.
A tal fine il Legislatore ha previsto un’apposita disciplina con il D.Lgs. 9.4.2008, n. 81 che ha implementato la disposizione generale di cui all’art. 2087 c.c. con una normativa ad hoc che ha introdotto delle norme specifiche in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle disposizioni in un unico testo normativo.
Anche in una situazione emergenziale qual è quella in cui ci troviamo, in continua evoluzione, l’imprenditore deve riorganizzare e riprogrammare l’attività onde meglio garantire la tutela della salute dei propri dipendenti prevenendo i rischi del contagio.
A tal proposito in data 14.3.2020 è stato sottoscritto da Confindustria, Confapi e le maggiori sigle sindacali il “protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
Il documento contiene le linee guida condivise dalle parti per agevolare le imprese nell’adozione dei protocolli di sicurezza anti-contagio nei luoghi di lavoro.
Di talché la prosecuzione delle attività lavorative consentite dal DPCM potrà avvenire soltanto in presenza di alcune condizioni.
Si dovrà consentire ai lavoratori di usufruire dei periodi di congedo ordinario, di ferie, e dovrà essere incentivato il ricorso alle modalità di lavoro c.d. smart.
In ogni caso, il datore di lavoro dovrà assumere una serie di misure precauzionali di protezione, tra le quali:
- il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro;
- la sospensione di tutti i corsi di formazione in aula preferendo la modalità e-learning;
- la limitazione delle riunioni con il personale, i fornitori, i promotori esterni;
- il rafforzamento delle attività di sanificazione, pulizia e igiene degli spazi;
- la limitazione degli spostamenti all’interno dei siti;
- l’accesso contingentato alle zone comuni quali ad esempio quelle adibite alla mensa;
- l’assunzione di protocolli anti-contagio di protezione individuale quali ad esempio l’utilizzo delle mascherine;
- la limitazione dei viaggi all’estero o in Italia;
- la sospensione dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
- la chiusura delle filiali o degli uffici;
- l’accertamento dello stato di salute dei dipendenti mediante controllo della temperatura corporea, che se superiore ai 37,5 gradi non consentirà l’accesso in azienda al lavoratore;
- la predisposizione di gel igienizzanti per la disinfezione delle mani;
- l’obbligo per corrieri e trasportatori di rimanere a bordo del veicolo laddove possibile.
L’azienda dovrà informare i propri lavoratori e i terzi in merito alle disposizioni anti-contagio adottate utilizzando modalità efficaci quali ad esempio consegnando ai propri dipendenti documenti informativi o affiggendo gli stessi nei luoghi comuni.
È necessario che il datore di lavoro si adegui in tempi brevi alle disposizioni emanate per contenere la diffusione del Covid-19, eventualmente mutando le condizioni di lavoro dei propri dipendenti ed adottando tutte le misure idonee a scongiurare il rischio di contagio e diffusione del virus a tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori.
Si ricorda che in caso di mancato rispetto di tali prescrizioni il datore di lavoro potrà rispondere delle eventuali violazioni commesse, qualora ne sussistano i presupposti, sul piano civilistico, penalistico e amministrativistico.
Pertanto si rende necessario adeguare il documento di valutazione e le misure di prevenzione recependo le misure adottate nei vari DPCM che si sono susseguiti in questi giorni e nel Protocollo del 14.3.2020.
Al contempo, in caso di mancata osservanza e quindi di adeguamento ed applicazione concreta di tali misure, l’ente potrebbe rispondere di eventuali violazioni laddove si verifichi uno dei “reati presupposto” contemplati dall’art. 25 septies del D.Lgs. 231/2001 ovvero le fattispecie di reato di cui agli art. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) del codice penale commesse in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro.
Da qui l’opportunità di valutare l’adeguatezza dei modelli di organizzazione e di gestione adottati ex D.Lgs. 231/2001 (laddove presenti) onde dotarsi di procedure interne volte a garantire la più idonea osservanza delle cautele poste a tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti nei luoghi di lavoro.