La fattispecie sottoposta al giudizio del Tribunale di Verona, riguarda una società debitrice che ha presentato il ricorso ex art. 161 sesto comma l.f. in relazione al quale, stante la pendenza di istanze di fallimento, il Tribunale di Verona ha concesso inizialmente il termine di 60 giorni ex art. 161 ultimo comma l.f., successivamente prorogato di n. 39 giorni.
In limine alla scadenza del suddetto termine, la società debitrice ha presentato un’ulteriore istanza per la concessione di una “seconda” proroga del termine per il deposito del piano, della proposta di concordato e della relativa documentazione di cui all’art. 161 secondo e terzo comma l.f., rappresentando la sussistenza di provati e giustificati motivi.
In particolare, la società debitrice ha motivato la propria richiesta rilevando che nei casi in cui sia stata concessa una “prima” proroga ex art. 161 ultimo comma l.f. inferiore ai sessanta giorni (ovvero ai sensi del sesto comma nei casi in cui non siano pendenti istanze di fallimento), può essere concessa una “seconda” proroga che sommata alla prima non superi i 60 giorni e, in ogni caso, i 120 giorni complessivi indicati dalla norma.
Invero, la formulazione letterale dell’art. 161 sesto e ultimo comma l.f. non è di ostacolo alla concessione di una “seconda” proroga, considerato che la norma non prescrive che quest’ultima possa essere per una sola volta, bensì indica il termine “massimo” della stessa, indicato in sessanta giorni.
Pertanto, qualora sia stata concessa una proroga inferiore ai sessanta giorni, in presenza di giustificati e provati motivi, il Tribunale può concedere una seconda proroga fino al raggiungimento dei sessanta giorni previsti dall’art. 161 l.f.
In tal senso, la concessione di una seconda proroga, entro il limite massimo legalmente previsto di centoventi giorni, risulta maggiormente coerente e razionale con l’impianto normativo della disciplina concordataria.
Infatti, l’art. 161 decimo comma l.f., prevede un termine iniziale e fisso di giorni sessanta “prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni”, conferendo pertanto ampia discrezionalità al Tribunale, il quale potrà anche concedere – a sua discrezione – un termine di proroga inferiore.
Peraltro, la Corte di Cassazione ha chiarito che – in una fattispecie nella quale pendevano istanze di fallimento – la concessione di un termine iniziale per il deposito del piano e della proposta di concordato superiore ai sessanta giorni di cui all’art. 161 ultimo comma l.f. rappresenta una mera irregolarità parziale, mentre il termine complessivo (iniziale più la proroga) di centoventi giorni è assolutamente perentorio, oltrepassato il quale la proroga sarebbe abnorme e, dunque, radicalmente nulla (Cass. del 10.1.2017, n. 270).
Da qui, si può ricavare che non sussistono elementi ostativi alla concessione di una nuova proroga del termine ex art. 161 ultimo comma l.f., fino al raggiungimento dei 60 giorni (che porterebbero quindi a non superare il limite invalicabile del complessivo termine di 120 giorni).
In accoglimento dell’istanza della società, il Tribunale di Verona, con il decreto del 10.1.2020, ha così concesso una “seconda” proroga del termine per il deposito del piano e della proposta di concordato preventivo nonché della relativa documentazione di cui all’art. 161 secondo comma l.f. per ulteriori n. 18 giorni, che rappresentano i giorni residui rispetto al termine massimo di 120 giorni, tenuto conto del termine inizialmente concesso (sessanta giorni), di quello della prima proroga (39 giorni) e che il dies a quo decorre dalla data di presentazione della domanda di concordato con riserva ex art. 161 sesto comma l.f. e non da quello di emissione del provvedimento con cui il giudice ha concesso il termine, né dalla comunicazione di tale provvedimento da parte della cancelleria (Cass. del 19.11.2018, n. 29740).
– Avv. Filippo Greggio –