La fondazione di partecipazione è un ente non lucrativo, la cui creazione, di origine dottrinale, è stata dovuta dalla reazione all’inadeguatezza del modello tradizionale di fondazione, quest’ultima connotata da un distacco tra ente e fondatore, da una dotazione patrimoniale iniziale autosufficiente al perseguimento dello scopo e dalla posizione servente dell’organo amministrativo.[1]
Infatti, pur essendo l’ente in esame una delle possibili tipologie di fondazione e condividendo con la fondazione tradizionale lo scopo non lucrativo, tuttavia, la ragione della sua diffusione trae origine dalla necessità di adottare schemi organizzativi atti a consentire ai fondatori e, in generale, ai “conferenti” di partecipare alla fase attuativa del programma fondazionale.[2]
I tratti che contraddistinguono questa figura, pertanto, sono:
(i) la pluralità di fondatori o di partecipanti all’iniziativa mediante un apporto di qualsiasi natura che sia però utile al raggiungimento degli scopi della fondazione;
(ii) un’articolazione organizzativa tale da garantire la partecipazione attiva alla gestione dell’ente da parte di tutti i fondatori o partecipanti all’ente, comportando un’organizzazione contraddistinta da una pluralità di organi al fine di consentire una partecipazione attiva di tutti gli aderenti alla fase gestionale;
(iii) la formazione progressiva del patrimonio, quest’ultimo aperto ad incrementi per effetto di adesioni successive da parte di soggetti diversi dai fondatori.
Lo schema organizzativo di questa figura si articola su due livelli; da un lato si ravvisa una valenza istituzionale, che viene determinata attraverso la partecipazione dei fondatori e degli altri partecipanti, aventi il compito di definire le linee guida per il perseguimento dello scopo della fondazione, dall’altro, una valenza gestionale ed esecutiva, che si esplica nell’attuazione dei piani programmatici individuati[3].
Pertanto, la caratteristica principale della fondazione di partecipazione è la modalità di articolazione della struttura dell’ente che deve essere in grado di garantire la partecipazione di tutti coloro che hanno effettuato apporti in funzione del perseguimento dello scopo[4]. Di talché, da un lato, il governo dell’ente viene affidato ad un organismo, formato dai conferenti, che opera con metodo assembleare, dall’altro, le mansioni esecutive vengono assegnate agli amministratori.
In sintesi, questa figura è un tipo di fondazione e, come tale, persegue un obiettivo senza scopo di lucro e vede l’applicazione delle norme proprie della disciplina della fondazione tradizionale; tuttavia, a differenza della fondazione tradizionale, i fondatori partecipano attivamente alle decisioni e alla gestione della fondazione stessa e, quindi, alla fase attuativa del programma fondazionale.
L’elemento patrimoniale della fondazione di partecipazione è composto da:
- il fondo di dotazione, ossia quella parte del patrimonio indisponibile, che può essere composto sia da somme di denaro che da beni mobili ed immobili;
- il fondo di gestione, che è la parte di patrimonio utilizzabile per finanziare le attività e che può essere composto da donazioni, da rendite derivanti dall’attività della fondazione stessa e da contributi pubblici o privati.
Questo tipo di fondazione viene utilizzato soprattutto dagli enti pubblici per realizzare progetti e iniziative volti al benessere della collettività, come ad esempio attività sociali e di assistenza, attività culturali, scientifiche e di volontariato. Si tratta dunque di un valido strumento per coinvolgere privati e incanalare risorse per fini di pubblica utilità.
I principali profili fiscali che riguardano l’operatività delle fondazioni di partecipazione sono comuni a quelli relativi alle fondazioni tradizionali. Pertanto, per ciò che concerne le imposte dirette, esse sono assoggettate all’imposta IRES, come prevista ai capi I e III del D.P.R. 917/1986, all’imposta IRAP, secondo il metodo retributivo di cui all’art. 10 co. 1 del D.Lgs. n. 446/1997, ed all’imposta IMU sul patrimonio immobiliare (con riferimento alle tre disposizioni normative in materia: art. 13 D.L. 201/2011, artt. 8-9 D.Lgs. 23/2011 e D.Lgs. 504/1992).
Tuttavia, si consiglia, nel caso di fondazioni operanti nel settore dell’assistenza sociale e sanitaria, di istituire una ONLUS, in quanto tale “riconoscimento” consentente di godere di significative agevolazioni fiscali, tra le quali si riscontra un’esenzione sostanziale dalle imposte[5].
[1] E. Bellezza – F. Florian, Le fondazioni di partecipazione, La Tribuna, 2006
[2] M. Maltoni, La fondazione di partecipazione: natura giuridica e legittimità, in Fondazione Italiana del Notariato; cfr. Corte dei Conti, sez. Veneto, 28 maggio 2014 n. 345/2014/PAR: “Le fondazioni di partecipazione rispondono all’esigenza di disporre di uno strumento più ampio rispetto alla fondazione tout court, caratterizzato dalla commistione dell’elemento patrimoniale con quello “associativo”,
[3] Ibidem
[4] Ibidem
[5] G. Palmerini, La “Fondazione di partecipazione” come ipotesi di gestione dei servizi pubblici locali, in Diritto.it
Dott.ssa Alice Mariga