Investito della questione se l’apertura della liquidazione ex art. 14 ter L 3/12 sia causa interruttiva dei procedimenti in corso del debitore, il Tribunale di Padova con provvedimento del 21.07.2019, ha dato risposta negativa.
Il Tribunale ha osservato che la procedura liquidatoria non ha le caratteristiche normative per le quali si determina l’interruzione del processo: diversamente dalla disciplina contenuta nella Legge Fallimentare, che all’art. 43 comma terzo prevede l’interruzione del processo dalla data di apertura del fallimento – con la conseguente perdita della capacità processuale del fallito – tale norma non è presente nella Legge 27 Gennaio 2012, N. 3 (sul sovraindebitamento).
In quest’ultima Legge non sono presenti neppure le norme aventi un contenuto analogo a quelle di cui agli artt. 42 LF (“la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione del fallimento”) e 44 LF (“tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori”). Tanto meno v’è una norma che impedisce la promozione o prosecuzione di tutte le azioni a seguito dell’apertura della procedura, come previsto nel fallimento dall’art. 42 L.F.- Invero l’art. 14 quinques si limita a disporre il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive ovvero di acquisire diritti di prelazione.
Il Tribunale patavino ha poi rilevato che la Legge in esame non contempla in nessuna sua parte la totale perdita della capacità processuale del debitore; anzi prevede espressamente:
- che lo spossessamento che si realizza giusta disposizioni di cui agli artt. art. 14 novies e 14 decies sia solo di tipo attenuato, perché limitato al solo patrimonio di liquidazione e
- l’attribuzione al liquidatore del potere di stare in giudizio solo per quelle azioni di carattere patrimoniale dalla legge finalizzate a conseguire la disponibilità dei beni compresi nel patrimonio da liquidare o comunque inerenti all’attività di amministrazione (art. 14 decies).
Il Tribunale ha quindi chiarito che il corpo normativo attualmente vigente in tema di liquidazione ex artt. 14 ter e ss L. 3/12 prevede che il debitore che accede al procedimento di composizione della crisi non sia privato né della facoltà di amministrare il proprio patrimonio, né di proseguire l’attività, imprenditoriale o meno, che ha portato alla situazione di crisi da sovraindebitamento.
Va segnalato peraltro che il 15 agosto 2020 entrerà in vigore il Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, che segna una vera e propria inversione di rotta da parte del Legislatore, prevedendo in tema di liquidazione controllata del sovraindebitato (art. 270 comma quinto) il rinvio al principio di cui all’art. 143, che al terzo comma prevede “L’apertura della liquidazione giudiziale determina l’interruzione del processo”. Pertanto l’accesso alla procedura di liquidazione controllata da parte del sovraindebitato determina l’interruzione del processo in cui è parte quest’ultimo.
Il Legislatore ha così optato per un orientamento che pare meglio coniugarsi al principio della migliore soddisfazione dell’interesse dei creditori sociali, posto che le legge sul sovraindebitamento oggi in essere crea dei contrasti tra il citato principio con il contemporaneo permanere della legittimazione in capo al debitore indebitato residua e concorrente con quella del liquidatore (con riguardo ai beni affidati a quest’ultimo per la loro liquidazione).
Avv. Federico Fossati