Con l’ordinanza n. 742 del 16.1.2020 la Corte di Cassazione è giunta – finalmente – a pronunciarsi in ordine alla vexata quaestio della automatica esclusione dalla qualifica di consumatore al fideiussore che garantisce un debito di un soggetto professionale, anche se estraneo all’attività imprenditoriale dell’impresa.
La Suprema Corte, secondo una costante linea interpretativa, si è da sempre conformata alla tesi del professionista c.d. “di rimbalzo”, affermando che “la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini della individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore” (si vedano ex multis, Cass. n. 10107/2005; Cass. n. 13643/2006; Cass. n. 27005/2008, Cass. n. 25212/2011; Cass. n. 16827/2016; Cass. n. 2954/2017).
La tesi supra richiamata ha trovato genesi nella nota sentenza “Dietzinger” della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Causa C-45/96) ed in concreto sino ad ora ha trovato pedissequa attuazione nell’orientamento della giurisprudenza di legittimità italiana.
Un primo momento di distacco si è manifestato con una pronuncia proveniente nuovamente a livello europeo e segnatamente dalla medesima Corte di Giustizia (Cause C-74/15 e C-534/15) che ha riconsiderato – rigettandolo – tale automatismo identificativo fra la qualifica del debitore principale e quella del fideiussore, statuendo che “nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta quindi al giudice nazionale determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata”.
Su tale inversione di tendenza è possibile ricordare, exempli gratia, come, in applicazione del principio esposto dalla Corte di Giustizia sulla nozione di “consumatore” – nonché in conformità all’articolo 2, lett. B), della Direttiva 93/13 (cfr. C-110/14) – il Tribunale di Padova (ord. del 13.11.2018, n. 7767) abbia richiamato espressamente il carattere oggettivo della nozione stessa di consumatore, affermando la necessità di un criterio funzionale di valutazione nel caso concreto.
Alla luce di tali significativi risvolti applicativi – e soprattutto sulla base del più volte citato intervento emendativo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – la Corte di Cassazione è tornata sul punto, accogliendo il ricorso proposto da una banca di credito cooperativo avverso la sentenza n. 592/2018 del Tribunale di Fermo, la quale aveva escluso espressamente l’applicabilità della tutela del consumatore statuendo che “quando si tratta di fideiussione che accede a contratti bancari, la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore […]”. Invero, gli Ermellini, nel caso de quo, sono giunti ad escludere rilevanza diretta all’attività svolta dal debitore principale per la qualificazione della posizione – di consumatore o meno – del fideiussore, affermando che alla stregua dell’interpretazione generale di consumatore adottata dalla medesima Corte (Cfr. Cass. n. 8419/2019), tale deve essere considerato il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o molteplici attività professionali) stipuli un contratto di garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nell’accezione di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in senso proprio).
Dunque, con tale fondamentale pronuncia la Suprema Corte ha posto definitivamente termine alla tesi del professionista “di rimbalzo”, statuendo, altresì, l’epilogo dell’esclusione automatica della persona fisica – che presta fideiussione a garanzia di un debito di un soggetto professionale – dallo status di consumatore.
Cass.-Civ.-Sez.-Vi-16-gennaio-2020-n.-742
Dott. Andrea Gambarotto