Con l’ordinanza n. 22467 del 24.9.2018 la Corte di Cassazione ha riconosciuto che il credito del professionista (nel caso di specie avvocato) che ha prestato la propria attività a favore di un’impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo, poi non approvato dalla maggioranza dei creditori, deve essere ammesso con il beneficio della prededuzione nel successivo fallimento.
Secondo la Corte, la natura prededucibile di tale credito è un dato che si ricava in maniera pacifica dall’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità ed il requisito dell’”utilità” (a cui spesso parte della giurisprudenza di merito, sulla scorta di alcune pronunzie della Corte di Cassazione divenute via via sempre più minoritarie, ha fatto riferimento onde negare la prededuzione di siffatti crediti) non costituisce un valido parametro dal quale può dipendere il riconoscimento della prededuzione.
Per la Corte la questione è più radicale: se e in che termini il riconoscimento del credito possa essere paralizzato da un’eccezione di inadempimento da parte della Curatela.
Sul punto, infatti, gli Ermellini rilevano che la prestazione professionale dell’advisor è preordinata all’esecuzione di un servizio strumentale all’accesso ad una procedura concorsuale.
Quindi l’astratta idoneità della domanda a realizzare il risultato dell’accesso al procedimento concordatario, intesa come capacità “ex ante” della stessa a consentire l’apertura della procedura concorsuale, determina l’insorgere del credito e la qualifica del medesimo in termini di prededucibilità.
Secondo la Corte il contenuto della prestazione dovuta dal professionista non è quello di garantire il conseguimento di un risultato stabile, ma la potenziale idoneità a determinare l’avvio del procedimento.
L’eventuale eccezione di inadempimento potrà trovare così accoglimento solo se la domanda “prima facie” risulta del tutto inidonea ai fini dell’ammissione (e dunque non presenta la sia pur minima possibilità di realizzare il fine a cui è preordinata), ovvero nel caso in cui, secondo una verifica “ex post”, abbia determinato dei concreti danni alla massa dei creditori anche successivamente all’apertura della procedura concordataria.
Conseguentemente una volta intervenuta l’ammissione della società al concordato preventivo (e l’esito negativo è dipeso dal voto dei creditori), l’eccezione di inadempimento formulata dal curatore in sede di ammissione allo stato passivo del fallimento può trovare accoglimento solo nell’ipotesi in cui sia precisato il concreto pregiudizio subito dai creditori e prodotto da eventuali inesattezze contenute nella domanda di concordato redatta dal professionista.